L'ispirazione...

UNO SPAZIO CHE CI PERMETTA DI RIMANERE CENTRATI, UN GIARDINO CHE POSSIAMO PROGETTARE COME CI PARE, CIASCUNO IL SUO. Qualcuno metterà solo piante grasse, che richiedono poca cura, altri orchidee che invece richiedono un’annaffiatura giornaliera, qualcun altro piante aromatiche per perdersi nei profumi o fiori di campo, per esaltarsi con i colori. Uno spazio non sempre identico a se stesso, che cambia a seconda delle stagioni, che ci obbliga a progettare, a futurizzare cosa vorremmo “poi”, a curare noi stessi, a non prendere la vita così come viene.
(U. Telfener
http://blog.iodonna.it/umberta-telfener/2013/10/07/coltivare-il-proprio-giardino)

venerdì 29 novembre 2013

Tutta questione di postura...

Cambiare, mutare, uscire dalle proprie rigidità, dagli schemi che ci siamo posti o abbiamo deciso di accettare. Mi chiedo se ci sia una regola comune, una situazione, sensazione, emozione, un punto di rottura per cui il cambiamento non sia più solo l'unica soluzione all'orizzonte, ma la decisione che prendiamo...
Più spesso chiediamo agli altri di cambiare, ma perché dovrebbero farlo? Magari a loro sta tutto bene così, non sentono bisogno di modificarsi!!! sì, ma quanto è più facile subire, invece che prendere la decisione?
Con il cambiamento finisce lo status, la condizione in cui eravamo soliti vivere. Benché non ci piaccia, non ci soddisfi, quella è la nostra quotidianità. Penso ad un posto di lavoro in cui non riusciamo ad esperimentarci come vorremmo. Inserirsi in  una nuova realtà vorrebbe dire mettere in discussione gran parte di noi, dalle semplici abitudini della pausa caffè al più complesso sistema di ritmi e attività che dovremmo imparare, gestire e fare piano piano nostri. 
Consuetudini contro limitazioni... mi chiedo ancora quale sia e se esista la molla che faccia rompere il sistema a cui ci adagiamo, che ci dia il coraggio di riconoscere che ciò che ci manca è ciò che vorremmo essere. Se immagino di parlare di lavoro, la frase con cui descrivo meglio questo stato di apatia è "perdita di ambizione". Nella vita privata è più difficile accettare qualcosa del genere, significa mettere in discussione affetti, investimenti grandi, condivisioni che magari avevamo anteposto al resto, a noi stessi. Il cambiamento ha perlopiù nel nostro immaginario un'accezione negativa quando è legato alla vita privata? porta con sé il marchio della sconfitta, della resa?
Cambiamento dovrebbe significare guardare oltre, migliorare, vedere che è possibile superare un limite... Forse per capire da dove cominciare serve una lente diversa con cui guardarci, una luce nuova allo specchio in cui ci riflettiamo ogni mattina. Ieri la mia insegnante di body rolling mi ha detto che la forma assunta negli anni dal nostro corpo è strettamente legata alla nostra psiche. Ad esempio il mio sterno alto potrebbe essere il risultato delle emozioni che mi tengo dentro, i respiri che non escono del tutto. Rifletto: la mia parte più rigida, più sporgente al tatto? il manubrio clavicolare a sinistra, la parte del cuore... sarà un caso? 

mercoledì 27 novembre 2013

Io ci provo

La scorsa settimana ho seminato un nuovo bulbo nel mio giardino. Confesso di avere tante aspettative sulla sua crescita, sulla ventata di nuovo ossigeno che potrà letteralmente "farmi respirare a pieni polmoni": si chiama Body Rolling (e qui la mia insegnante ve lo racconta http://www.yamunabodyrolling.it/yamuna/body-rolling/).
Perché ho scelto questa nuova attività? la necessità di creare un nuovo, ulteriore spazio tutto solo per me. Può sembrare una contraddizione: da una parte ho una voglia così grande di condividere la mia vita (talmente tanta da scrivere un blog), dall'altra il bisogno di raccogliermi solo con me stessa e forse niente più del Body Rolling me lo permetterebbe dato che "ogni seduta ha come obiettivo quello di rendere consapevoli dei propri movimenti e migliorarli".

Nel frattempo mi sono imbattuta nel nuovo libro di Chiara Gamberale ("Per Dieci Minuti" ed. Feltrinelli, 2013) di cui l'autrice racconta così la genesi:
"se hai una ferita da rimarginare, un lutto da elaborare, un cambiamento da accettare, non c’è niente di meglio che fare, per un mese, per dieci minuti al giorno, una cosa nuova" 
Sarà pura coincidenza? oppure davvero incrociamo ciò di cui abbiamo realmente bisogno?...
Penso che di dieci minuti in dieci minuti puoi arrivare a costruirti un'intera giornata e così facendo conquistare tutto il tempo di cui hai bisogno per esprimerti. 
Qualcuno ha detto di invidiarmi per le scelte che posso permettermi di fare, ma coltivare il proprio giardino non è inconciliabile con gli altri aspetti della nostra vita (famiglia e lavoro per citare le più impegnative). Come ho già detto ritrovare se stessi è il punto di partenza migliore su cui costruire le relazioni della nostra vita, perché il cardine di queste realtà siamo prima di tutto noi. Ascoltare noi stessi ci aiuta a capire quello che vogliamo, quello che possiamo forse modificare, sostituire, eliminare. Spesso riempiano la nostra vita di abitudini, convinzioni che ci fa comodo mantenere, perché certi spazi nella vita di una persona non possono restare vuoti per tanto tempo. Allora è meglio lasciare quello che c'è, che conosciamo, che abbiamo imparato a gestire, piuttosto che sentire poi un senso di vuoto, o pensare di essere giudicati in difetto/non adempienti a ciò che "dovrebbe essere"... Invece si potrebbe provare qualcosa di nuovo, farlo entrare di dieci minuti in dieci minuti nella nostra vita e lasciargli prendere il posto di ciò che non abbiamo più o non fa più per noi... 

lunedì 18 novembre 2013

Il Cavaliere dalla Trista Figura

Il più grande limite di me stessa sono io. 
Solo noi possiamo scegliere se essere la ghiaia arenante oppure il nostro motore propulsore. La mia amica "psicoter" mi ricorda sempre che noi siamo il frutto della vita che abbiamo vissuto e delle esperienze che abbiamo fatto: in questa frase io sono il soggetto, io ho deciso di imprimere alla mia vita una direzione, ho imboccato una scelta piuttosto che un'altra, ho incontrato persone con un proprio bagaglio e ho deciso di camminare insieme a loro oppure di prendere una direzione diversa. Le altre persone, i contesti di riferimento che incrocio sono solo realtà che compaiono lungo il mio cammino, non costrizioni a cui devo sostare. Faccio delle scelte e continuo a farne altre per portare a compimento le prime e così via. 
Sono io a decidere quando e dove fermarmi, dove rallentare o accelerare. Impiego forza per sradicare arbusti che penso possano celare una via più rapida verso la mia meta, senza pensare che così facendo avrò meno energia per proseguire il mio cammino; così la strada più corta non sarà per me la più breve. 
Perdo tempo a combattere contro "giganti dalle braccia rotanti" che in realtà sono dei semplici "mulini a vento" che costeggiano il mio percorso (cfr. Cervantes "Don Chisciotte della Mancia"). Qui divento il mio più grande ostacolo.

giovedì 14 novembre 2013

Mella Trotter

Ci sono tanti posti in cui una persona può ritrovare se stessa. Questo è il tema da cui ero partita per scrivere un nuovo articolo, poi mi sono persa a viaggiare tra le varie dimensioni che il rifugio può avere per ognuno di noi: solitudine, compagnia, svago, relax, divertimento a tutti i costi... Un pensiero si è così ammassato sopra l'altro (quando riuscirò a venirne a capo leggerete il prossimo articolo )

Se sappiamo cosa fare nel giardino(coltivare passioni, interessi, pensieri ed aspirazioni personali) e diciamo che è il luogo in cui ci raccogliamo con noi stessi, parliamo pur sempre di un luogo astratto. Forse abbiamo anche diversi posti in cui riusciamo a ritagliarci un minuto, un'ora per noi, ma ora non intendo questo. Penso piuttosto a dove sentiamo che ci potremmo realizzare in più settori della nostra di vita, magari non solo per un paio d'ore la settimana. Io sono di natura una persona abbastanza irrequieta, di quelle che dopo massimo un'ora che è seduta si deve alzare, che pratica il multi-tasking come antidoto allo sbadiglio. Lo so, vi chiederete perché ho scelto un lavoro che mi fa trascorrere la quasi totalità delle mie giornate ad una scrivania? La mia soluzione è il viaggio, tipo non prendo ferie se non so di poter partire, anche solo un weekend lungo, per qualche meta.
Credo che il viaggio sia la situazione più favorevole di tutte per arricchire il nostro giardino di nuove piante, una diversa dall'altra, con un profumo che al nostro ritorno ci fa tornare alla mente aneddoti, persone, sapori, divertimenti... Più di qualunque attività, un posto nuovo lascia un "sempre verde" nel mio giardino, oppure un albero che continua a produrre frutti.


martedì 5 novembre 2013

Pace fatta con la felpa

Noi facciamo pace con gli oggetti più che con le persone. Sarà effetto intrinseco dell'era del consumismo? No! è solo l'effetto della memoria. Sono convinta che il vero perdono, il passarci sopra avvenga poche volte realmente; nella maggior parte delle occasioni un "rancorino", quel po' di amaro in bocca rimane latente, proprio lì, in un angolo della nostra lingua a far scattare nel cervello l'input per il ricordo.

Qualche giorno fa mi sono soffermata a fissare la felpa indossata dalla persona con cui stavo parlando. Era familiare, mi suggeriva qualcosa in più di un semplice "già vista" ma non l'associavo immediatamente a una qualche situazione. Cosa di poco conto, pensavo; eppure un tarlo mi tornava alla mente: la sentivo così familiare.
Gli oggetti ci portano alla memoria ricordi, talvolta alcuni sono nati proprio con questo scopo, come le fotografie delle vacanze e i tanto cari album, per fare proprio un tuffo nel passato. Conserviamo cianfrusaglie, da giovani riempivamo i diari di scontrini, biglietti di cinema e concerti da ricordare, alcuni di noi avranno anche le proprie scatole dei ricordi. Sono lì, magari in cassetti degli armadi mai più riaperti e in quelli della memoria per anni sopiti. Poi un giorno arriva un profumo, un odore, un sapore... Questa sensazione l'avrete provata tutti. Lo stesso accade con gli oggetti, nel mio caso è stata una felpa. Se questo meccanismo non si innesca, il ricordo è svanito? Il tempo che il ricordo impiega a tornare vivido è direttamente proporzionale alla rilevanza che in questo momento hanno per noi le emozioni, le sensazioni che ne scaturiscono
Ovviamente, non soffrendo di amnesia, contestualizzando la felpa al suo proprietario è stato abbastanza facile ritrovare l'occasione a cui mi riportava. Ma quella felpa è oggi talmente distante da me che poteva essere diversa, con la lampo invece che chiusa sul davanti... Il suo ricordo non era tornato a occupare i miei pensieri in quella serata. 
Quando un odore, un colore, un oggetto non riesce più a rapire la nostra mente, possiamo dire di aver fatto davvero pace con la persona che ce lo ricorda.