Cambiare, mutare, uscire dalle proprie rigidità, dagli schemi che ci siamo posti o abbiamo deciso di accettare. Mi chiedo se ci sia una regola comune, una situazione, sensazione, emozione, un punto di rottura per cui il cambiamento non sia più solo l'unica soluzione all'orizzonte, ma la decisione che prendiamo...
Più spesso chiediamo agli altri di cambiare, ma perché dovrebbero farlo? Magari a loro sta tutto bene così, non sentono bisogno di modificarsi!!! sì, ma quanto è più facile subire, invece che prendere la decisione?
Più spesso chiediamo agli altri di cambiare, ma perché dovrebbero farlo? Magari a loro sta tutto bene così, non sentono bisogno di modificarsi!!! sì, ma quanto è più facile subire, invece che prendere la decisione?
Con il cambiamento finisce lo status, la condizione in cui eravamo soliti vivere. Benché non ci piaccia, non ci soddisfi, quella è la nostra quotidianità. Penso ad un posto di lavoro in cui non riusciamo ad esperimentarci come vorremmo. Inserirsi in una nuova realtà vorrebbe dire mettere in discussione gran parte di noi, dalle semplici abitudini della pausa caffè al più complesso sistema di ritmi e attività che dovremmo imparare, gestire e fare piano piano nostri.
Consuetudini contro limitazioni... mi chiedo ancora quale sia e se esista la molla che faccia rompere il sistema a cui ci adagiamo, che ci dia il coraggio di riconoscere che ciò che ci manca è ciò che vorremmo essere. Se immagino di parlare di lavoro, la frase con cui descrivo meglio questo stato di apatia è "perdita di ambizione". Nella vita privata è più difficile accettare qualcosa del genere, significa mettere in discussione affetti, investimenti grandi, condivisioni che magari avevamo anteposto al resto, a noi stessi. Il cambiamento ha perlopiù nel nostro immaginario un'accezione negativa quando è legato alla vita privata? porta con sé il marchio della sconfitta, della resa?
Cambiamento dovrebbe significare guardare oltre, migliorare, vedere che è possibile superare un limite... Forse per capire da dove cominciare serve una lente diversa con cui guardarci, una luce nuova allo specchio in cui ci riflettiamo ogni mattina. Ieri la mia insegnante di body rolling mi ha detto che la forma assunta negli anni dal nostro corpo è strettamente legata alla nostra psiche. Ad esempio il mio sterno alto potrebbe essere il risultato delle emozioni che mi tengo dentro, i respiri che non escono del tutto. Rifletto: la mia parte più rigida, più sporgente al tatto? il manubrio clavicolare a sinistra, la parte del cuore... sarà un caso?
Consuetudini contro limitazioni... mi chiedo ancora quale sia e se esista la molla che faccia rompere il sistema a cui ci adagiamo, che ci dia il coraggio di riconoscere che ciò che ci manca è ciò che vorremmo essere. Se immagino di parlare di lavoro, la frase con cui descrivo meglio questo stato di apatia è "perdita di ambizione". Nella vita privata è più difficile accettare qualcosa del genere, significa mettere in discussione affetti, investimenti grandi, condivisioni che magari avevamo anteposto al resto, a noi stessi. Il cambiamento ha perlopiù nel nostro immaginario un'accezione negativa quando è legato alla vita privata? porta con sé il marchio della sconfitta, della resa?
Cambiamento dovrebbe significare guardare oltre, migliorare, vedere che è possibile superare un limite... Forse per capire da dove cominciare serve una lente diversa con cui guardarci, una luce nuova allo specchio in cui ci riflettiamo ogni mattina. Ieri la mia insegnante di body rolling mi ha detto che la forma assunta negli anni dal nostro corpo è strettamente legata alla nostra psiche. Ad esempio il mio sterno alto potrebbe essere il risultato delle emozioni che mi tengo dentro, i respiri che non escono del tutto. Rifletto: la mia parte più rigida, più sporgente al tatto? il manubrio clavicolare a sinistra, la parte del cuore... sarà un caso?