Ho iniziato questa pagina
volendo scrivere di amore, rileggendola mi sono accorta di come la stessa
tensione emotiva e relazionale potesse funzionare per altri tipi di amore:
quello per la famiglia, per l’amicizia e per il lavoro. Tutte situazioni in cui
la difficoltà di una persona e/o di un’organizzazione manda in crash il sistema
a cui apparteniamo. Ho provato quindi a decontestualizzare questo dialogo dal
tema amore uomo-donna e ho immaginato di poterlo adeguare a protagonisti per
storie ed affetti diversi ed in cui ”io” vale come "noi".
I contesti lavorativi, richiedono sempre più sacrifici ai lavoratori, senza restituire né remunerazioni, né gratificazioni. Si elaborano frasi con termini prestati dalla sfera affettiva “siamo una famiglia”, “agiamo verso il bene comune”, “priviamoci oggi per garantire stabilità alle generazioni future”. Gli statisti ci parlano come fossimo parti di una coppia che per rimanere unita deve affrontare una ristrutturazione, una riorganizzazione di ruoli e competenze. Peccato che spesso gli sforzi siano sbilanciati. Paradossalmente, chi più opera si rende conto della profusione di energie che deve disseminare per cercare di “salvare capra e cavoli” ma staccarsi dall'altro non è facile, se non addirittura impossibile. Bollette, mutui e affitti da pagare, spese da sostenere, figli da crescere non lasciano scampo a quel legame. Il lavoro appare come un marito da cui non ci si può separare con così tanta leggerezza…
Ecco l’esperimento… LETTERA AD UN SISTEMA IN FALLIMENTO
Credo che un sistema arenato per
un periodo prolungato (diciamo oltre l’anno) non sia un compagno a cui
dedicarsi. Le difficoltà si affrontano, per passarci oltre; se lasciate lì
contaminano tutto ciò che sta intorno. La produttività di un rapporto è data delle
progettazioni, dagli obiettivi e degli sforzi che si compiono per raggiungere
un risultato comune.
Sono stata affascinata della
grandezza impegnata e dai risultati ottenuti, dell’intelligenza e dalla capacità
di crescere ed evolvere verso le novità che ci circondavano. Ti ho visto
cogliere le diverse occasioni che negli anni hanno permesso di emergere e farsi
conoscere; fossero di carattere divulgativo o di rappresentanza, di produzione
di attività nostre o di compartecipazione ad obiettivi trasversali. Sono state
sempre accolte e gestite con entusiasmo come opportunità di crescita. Ho
pensato che quel carisma potesse nutrire sempre le nostre stanze.
Il nostro ora è un sistema simile
alle sabbie mobili, in cui più ti muovi con l’idea di uscirne, più in realtà ti
affossi. Quando stai nelle sabbie mobili, l’unica soluzione per riemergere è
aggrapparsi all'esterno. Dovremmo quindi individuare un alleato da
interpellare; invece tu chiedi a me di trovare una soluzione.
Torno a casa la sera e guardo il fondo
di una triste scatoletta di tonno quasi a volerci leggere il
futuro. A cosa dovrei rinunciare senza di te? Cosa non potrei più vivere senza
di te? Una nuova casa? Perdere te e anche la mia casa? Cambiare stile di vita?
Abbandonare quei luoghi di svago, il teatro, la palestra, il cinema con le
amiche? Nell'affossarti, inghiottisci le mie energie.
Nel nostro caso non so se sia tu
a rivolgere sempre una mano verso di me per volerti aggrappare al bisogno, chiedendomi
continui sacrifici per sopravvivere, o sia io a prendere e tenere la tua mano a
tutti i costi; sta di fatto che a lasciarti ora, affogherei una parte di me.
Credo non sia un caso che in
letteratura usino sempre elementi della natura per indicare la spinta al
cambiamento. Il passare delle stagioni, il mutare del clima a cui flora e fauna
sono sottomesse, senza poterle evitare, le obbliga a continue modifiche per la
sopravvivenza. L’essere umano invece ha costruito ripari dalla pioggia, dal
vento, dal calore. Esistono però catastrofi che abbattono queste protezioni e
allora lì l’uomo o perisce vittima del clima o si rimbocca le maniche per
trovare nuove soluzioni.
“Siamo il frutto del nostro passato, siamo la vita stessa che ci è cresciuta dentro come il fusto di un albero con
i colori, i profumi e le imperfezioni che i venti e le piogge hanno fissato per
sempre sulla sua corteccia. Siamo anche il tempo trascorso: sta in noi
scegliere se diventare uomini nuovi o rimanere vecchi come i nostri anni e i
nostri ricordi. Dobbiamo trovare il
coraggio di alzare le vele e prendere i venti del destino, dovunque
spingano l'imbarcazione. Cercare di dare un senso alla nostra esistenza può
esasperare il nostro animo, ma una vita priva di questo significato rappresenta
la tortura del desiderio e dell'inquietudine.” (Romano Battaglia).
Continuo a rimandare un futuro
che diventa sempre più incerto; la possibilità di perseguire un’identità
lavorativa e di mettere le basi per una vita privata indipendente da supporti
familiari. Dovrei cambiare?
A volte un lavoro non è solo una
fonte di guadagno. Si tratta di un impegno, un credo in cui si sono impiegate
energie, un investimento a cui ci siamo dedicate per crescere. Per questo mi
domando se valga la pena rinunciare a te, perché con te perderei gran parte dei
miei sogni. Su un piatto della bilancia metto quel velo della mia tristezza e
una delle zavorre che rallentano i passi della mia vita, dall'altro quei
sorrisi che il cuore spinge dritto alle labbra ogni volta che tocco un successo.
Nelle occasioni in cui quella soddisfazione diventa condivisa mi domando perché
a questo sistema manchi la voglia di sbaraccare e scrollare tutto via per fare
spazio alla progettazione di nuovi orizzonti?
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