L'ispirazione...

UNO SPAZIO CHE CI PERMETTA DI RIMANERE CENTRATI, UN GIARDINO CHE POSSIAMO PROGETTARE COME CI PARE, CIASCUNO IL SUO. Qualcuno metterà solo piante grasse, che richiedono poca cura, altri orchidee che invece richiedono un’annaffiatura giornaliera, qualcun altro piante aromatiche per perdersi nei profumi o fiori di campo, per esaltarsi con i colori. Uno spazio non sempre identico a se stesso, che cambia a seconda delle stagioni, che ci obbliga a progettare, a futurizzare cosa vorremmo “poi”, a curare noi stessi, a non prendere la vita così come viene.
(U. Telfener
http://blog.iodonna.it/umberta-telfener/2013/10/07/coltivare-il-proprio-giardino)

giovedì 22 maggio 2014

Togli un paio di scarpe e prendi il volo

Ci circondiamo di abitudini e persone conosciute, ci culliamo nel senso di appartenenza quando invece siamo insieme nel mucchio. La frenesia delle giornate, il tempo che manca da dedicare a noi stessi ci lasciano adagiare sulla consuetudine delle relazioni. Finiamo ad annoiarci del nulla che facciamo ed a definire il lavoro come qualcosa che ci fagocita, quando forse è invece l'unica attività della nostra giornata. Trascorriamo infatti weekend e tempo libero a trastullarci dentro centri commerciali, a passeggiare per lunghe vasche in centro, a seguire le mode tra eventi e manifestazioni che a malapena conosciamo e sempre meno ci appartengono. Persino se pratichiamo attività fisica spesso è per abitudine.
Ci siamo messi in stand by? 

Io ci immagino un po' tutti come le comari sedute lungo le vie del paese ad osservare ciò che ci passa davanti. Sicuramente c'è ancora una cosa a cui TUTTI ci dedichiamo: pensare di metterci nei panni degli altri. Siamo votati all'altruismo? siamo osservatori critici? siamo "gossippari", invidiosi? oppure amorevoli amici e familiari? 

Non c'è mai nulla da invidiare, da criticare, da tentare di giustificare o compatire. L'equazione tra me e il resto nel mondo (sia lavoro, ricreazione, relazioni sociali, amorose, familiari e d'amicizia) funziona sempre e solo nel momento in cui ci si trova. Per questo più che metterci nei panni degli altri, dovremmo capire che a ognuno calza a pennello la propria scarpa, non la nostra; che quella scarpa è così comoda solo a me perché le ho dato la forma del mio piede e solo io deciderò di cambiarla quando un giorno mi sarà scomoda. Anche allora la scarpa che indosserò sarà la mia scarpa nuova, a cui darò giorno dopo giorno la forma del mio piede. 
Come non possiamo pensare di stare comodi a camminare tutto il giorno nella scarpa accomodata da qualcun altro, altrettanto non possiamo credere che qualcuno possa camminare seguendo il nostro punto di vista. L'ho già scritto: possiamo solo camminarci vicino, alla distanza di un (ab)braccio, ognuno nelle proprie scarpe.

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