L'ispirazione...

UNO SPAZIO CHE CI PERMETTA DI RIMANERE CENTRATI, UN GIARDINO CHE POSSIAMO PROGETTARE COME CI PARE, CIASCUNO IL SUO. Qualcuno metterà solo piante grasse, che richiedono poca cura, altri orchidee che invece richiedono un’annaffiatura giornaliera, qualcun altro piante aromatiche per perdersi nei profumi o fiori di campo, per esaltarsi con i colori. Uno spazio non sempre identico a se stesso, che cambia a seconda delle stagioni, che ci obbliga a progettare, a futurizzare cosa vorremmo “poi”, a curare noi stessi, a non prendere la vita così come viene.
(U. Telfener
http://blog.iodonna.it/umberta-telfener/2013/10/07/coltivare-il-proprio-giardino)

lunedì 16 giugno 2014

La partita di pallone

Iniziano i mondiali e alla TV tornano le immagini delle edizioni precedenti, tra coppe alzate, goal della salvezza e rigori non segnati. Quello che mi stringe più il cuore è il fuori porta di Roberto Baggio Usa '94, Finale Italia Brasile.

Il calcio di rigore rimette due giocatori uno contro uno, mentre per la maggior parte della partita si gioca in squadra. Per metter a segno il goal a rigore non si può contare su nessun altro se non su se stessi, al massimo si può sperare che il portiere non pari il pallone, ma credo che in quel momento il rigorista ponga tutta la concentrazione sulla propria azione e non per "gufare" quella dell'avversario.

Non ci avevo mai pensato, ma la vita è come una partita di calcio: abbiamo i compagni che ci fanno gli assist - alcuni esco bene, altri per nulla -  possiamo condurre azioni d'attacco in solitari ma in difesa serve la "muraglia umana". Poi succede di trovarsi almeno una volta soli uno di fronte all'altro. Ma quando il rigorista non segna il goal perché ha sbagliato il tiro e il suo lancio è finito oltre la porta? è come se avesse perso contro se stesso... non è il portiere ad averlo battuto.


Mi scuso con tecnici, professionisti ed appassionati per l'uso improprio di alcuni termini sportivi.

venerdì 30 maggio 2014

Ma chi crede che bisogna sempre parlare?

Dopo le parole arriva il silenzio.

Aprire il proprio cuore, mettere in comune sé con l'altro: così si costruisce, salda e rafforza un rapporto. La conoscenza reciproca di timori e sofferenze, felicità e buoni propositi, attese e aspirazioni alimentano la fiducia reciproca e cancellano il timore che il "non detto" nasconda un'amara verità. Se due persone si parlano, il silenzio non è una minaccia. Diventa invece uno strumento di comprensione ed amore, senza più bussare alla porta della nostra insicurezza. Non si cercano errori e colpe, non si aspettano giustificazioni.


In questo modo i nostri genitori ci amano incondizionatamente e altrettanto riusciamo a fare noi, forse solo da piccoli, quando loro sono il nostro "interlocutore privilegiato", IL NOSTRO ALTRO NOI, a cui raccontiamo ogni scoperta. I nostri genitori hanno seminato nel nostro giardino le prime pianticelle, ci hanno accompagnato a raccogliere l'acqua e scegliere i concimi per farle diventare rigogliose. Da loro abbiamo imparato la semina e la potatura e quando non volevamo tagliare un ramo secco, lo hanno fatto per noi. Continuano ad innaffiare le piante che hanno seminato dal nostro primo giorno di vita e intanto si assicurano che il terreno del nostro giardino sia favorevole allo sbocciare di nuovi fiori, all'attecchire di semi lanciati lì da altri.

Noi siamo il proprietario del giardino ma anche "l'altro" che lancia semi nei giardini altrui.

Per la maggior parte della giornata ci dedichiamo ad altro/i invece che a noi stessi, trascuriamo il nostro giardino e quando lo troviamo spoglio è perché forse ci aspettavamo che qualcuno si curasse di noi come solo i genitori sanno fare. Forse il continuo chiedere agli altri non è altro che manifestazione di una debolezza personale; un bisogno prepotente di non sentirci soli a fare/disfare pezzi della nostra vita. È facile prendere decisioni importanti quando si ha un'altra spalla da responsabilizzare. Saremmo in grado di decidere con altrettanta sicurezza se fossimo gli unici firmatari del contratto di assicurazione con le nostre scelte? Fallire in compagnia è più facile che da soli; vedere negli occhi di qualcun altro il nostro stesso smarrimento forse ci rende più forti?

Giudichiamo egoista chi ha cura di se stesso e si pone prima dell'altro. Se invece di considerarli egoisti pensassimo solo che sono persone capaci di badare a se stesse e cercano, vivono un rapporto non votato alla ricerca di qualcuno che li assista o che li prenda in carico, che considerano l'altro un valore aggiunto a ciò che già da soli sanno raggiungere e realizzare con piena soddisfazione?

Se invece di giudicarli cominciassimo a fare così anche noi?
Saper badare a se stessi ci spinge a portare l'altro nel positivo della nostra vita, ad aprirci al confronto con una persona a cui chiediamo un parere, un'alternativa che da soli non vedremmo. Ci rifacciamo a lei per stima, non per compensazione. È allora che il silenzio non è un vuoto, ma uno spazio come un altro in cui può attecchire anche il fiore più bello... e forse è da lì che può riprendere il ciclo della vita...

giovedì 22 maggio 2014

Togli un paio di scarpe e prendi il volo

Ci circondiamo di abitudini e persone conosciute, ci culliamo nel senso di appartenenza quando invece siamo insieme nel mucchio. La frenesia delle giornate, il tempo che manca da dedicare a noi stessi ci lasciano adagiare sulla consuetudine delle relazioni. Finiamo ad annoiarci del nulla che facciamo ed a definire il lavoro come qualcosa che ci fagocita, quando forse è invece l'unica attività della nostra giornata. Trascorriamo infatti weekend e tempo libero a trastullarci dentro centri commerciali, a passeggiare per lunghe vasche in centro, a seguire le mode tra eventi e manifestazioni che a malapena conosciamo e sempre meno ci appartengono. Persino se pratichiamo attività fisica spesso è per abitudine.
Ci siamo messi in stand by? 

Io ci immagino un po' tutti come le comari sedute lungo le vie del paese ad osservare ciò che ci passa davanti. Sicuramente c'è ancora una cosa a cui TUTTI ci dedichiamo: pensare di metterci nei panni degli altri. Siamo votati all'altruismo? siamo osservatori critici? siamo "gossippari", invidiosi? oppure amorevoli amici e familiari? 

Non c'è mai nulla da invidiare, da criticare, da tentare di giustificare o compatire. L'equazione tra me e il resto nel mondo (sia lavoro, ricreazione, relazioni sociali, amorose, familiari e d'amicizia) funziona sempre e solo nel momento in cui ci si trova. Per questo più che metterci nei panni degli altri, dovremmo capire che a ognuno calza a pennello la propria scarpa, non la nostra; che quella scarpa è così comoda solo a me perché le ho dato la forma del mio piede e solo io deciderò di cambiarla quando un giorno mi sarà scomoda. Anche allora la scarpa che indosserò sarà la mia scarpa nuova, a cui darò giorno dopo giorno la forma del mio piede. 
Come non possiamo pensare di stare comodi a camminare tutto il giorno nella scarpa accomodata da qualcun altro, altrettanto non possiamo credere che qualcuno possa camminare seguendo il nostro punto di vista. L'ho già scritto: possiamo solo camminarci vicino, alla distanza di un (ab)braccio, ognuno nelle proprie scarpe.

martedì 13 maggio 2014

La distanza di un (ab)braccio

solitudine, lontananza, compartecipazione, fratellanza, unione, attaccamento, attaccamento morboso...

Pensavo a questi sostantivi sulle relazioni e poi ho letto un articolo intitolato Sentirsi soli non significa non avere amici che recita "Se riusciamo ad avere un dialogo con noi stessi sceglieremo di vedere le persone per gli stimoli che ci possono dare, non per riempire la serata, non per distrarci, non per far passare il tempo. Cominceremo a scegliere."
e io scrivo alla mia migliore amica "noi penso siamo su questa strada: riuscirci in toto è un po' da super eroe... però..."
Penso alla nostra amicizia, a come sia diversa dalla maggior parte degli altri rapporti ed affine a ben pochi altri in profondità, partecipazione e emancipazione. Credo che il nostro sia stato il primo rapporto "adulto" della mia vita: nato sulla reciproca simpatia, alimentato dai comuni interessi e cresciuto dal rispetto per la reciproca indipendenza e personalità. Questo è il tipo di rapporto a cui inconsciamente ambisco da quasi 10 anni e che mi porta ad incontrare molte persone ma a portarne con me davvero poche. Questa ricerca è quella che placa la mia sete di "amore a tutti i costi" e che mi fa invece dissetare con l'"amore a beneficio di condivisione" (passatemi questo termine). Non è facile capire gli altri, lasciare che una persona cara prenda una decisione che non condividiamo. Forse bisogna solo capire che si può camminare a fianco delle persone e non fare i passi per conto loro e se la loro camminata ci sembra strana, illogica il massimo che ci è concesso, per loro ma soprattutto per noi stessi, è restare nel loro campo visivo perché si sappia reciprocamente di esserci sempre l'uno per l'altro.  Del resto l'amore più grande del mondo funziona così: i genitori ci accompagnano lungo la nostra strada per poi lasciarci la mano e vederci camminare da soli, ma appena voltiamo lo sguardo loro sono lì, al nostro fianco, un passo avanti o un passo indietro, ma sempre alla distanza di un (ab)braccio.

mercoledì 16 aprile 2014

Mettete dei fiori nei vostri giardini

Una mattina ti svegli con la netta sensazione che qualcosa ti sia scivolato dalle dita e nella tua mano al suo posto raccogli la consapevolezza della privazione... Come se ciò che fino alla notte avevamo creduto essere un brutto sogno fosse diventato reale al mattino. 
Si apprende.
Impari che il tuo giardino non lo stavi più coltivando da solo. Un giorno hai aperto il cancello, qualcuno è entrato portando con sé i suoi fiori. Sbocciando hanno invaso il tuo spazio con il loro profumo. Da principio questa nuova fragranza ti pungeva il naso, ma giorno dopo giorno è diventata così familiare da essere ormai parte dell'odore del tuo giardino. Il tuo giardino si è acceso di nuovi colori. 

Se un giorno poi fossi di nuovo l'unica persona a curare il tuo giardino? Lentamente i fiori appassiscono, il profumo svanisce e ti accorgi che il tuo giardino così non è più lo stesso. Ti chiedi se i semi di quei fiori siano in vendita, pensi di averli trovati, li semini, annaffi e concimi ma quando sbocciano ti rendi conto che hanno colori e profumi diversi da quelli che l'altra persona aveva portato e curato... Ogni mano coltiva fiori che crescono con caratteristiche diverse nella resistenza dello stelo, nella brillantezza dei colori... 
Così da quel giorno il  bouquet del tuo giardino non sarà più lo stesso.

giovedì 10 aprile 2014

I tuoi occhi

Gli occhi parlano, gli occhi portano dentro di sé le nostre verità più grandi... come fossero gli obiettivi che puntano dritto dentro di noi e scendono fino alla bocca dello stomaco, dove sentiamo nascere tutte le nostre emozioni. 

lunedì 7 aprile 2014

I piani B

Mi sono resa conto di essere sempre stata molto fortunata: ho perseguito vari obiettivi, anche in ambiti diversi, che ho sempre raggiunto lungo il percorso che mi ero prestabilita. Avevo altre opzioni, ma erano solo una rete di protezione a cui non ho mai dovuto ricorrere e forse neppure considerare più di tanto. Mi sono divincolata tra le difficoltà e ho bypassato egregiamente i contrasti incontrati. Praticamente, mi sono resa conto di non aver mai dovuto ricorrere ad un piano B. Ora, a 31 anni, in appena 3 mesi mi sono trovata a dover inventare un piano di riuscita alternativo per ben due situazioni. 

Ho provato più volte ad iniziare questo articolo; l'ho cominciato ed interrotto, ripreso, cancellato, modificato nuovamente: "trovare le parole per descrivere un fallimento non è facile", così mi dicevo. In realtà dovevo capire che non si tratta di un fallimento ma di un'occasione diversa... ma il cruccio sta appunto nel comprendere questo. Le parole non uscivano perché non riesco mai a scrivere di qualcosa che non ho compreso a fondo, che non ho "metabolizzato", come mi piace dire. La scrittura mi aiuta a metter nero/bianco i miei pensieri, ad organizzarli tra di loro, a unire i puntini che pensando e ripensando a volte lascio da parte. In questo caso però sembrava non ci fossero puntini da unire: come se questo nuovo disegno non nascesse dalla successione dei traguardi che mi ero prefissata, ma semplicemente avesse preso forma così, fatto e finito, tutto d'un tratto. 

Oggi (giovedì 3 aprile) sono stata "costretta" ad aprire questo capitolo, a confrontarmi con un'altra persona e raccontarle del senso di debolezza che l'aver dovuto ricorrere a una soluzione B ha creato in me. Dicono che avere un piano B sia buono, è saper ricorrere ad una soluzione diversa che permette di non fallire, di non doversi arrendere. Avere un'unica soluzione porta invece alla disfatta. 

Adesso è domenica notte, ma io non ne sono ancora del tutto convinta che anche il piano B possa portare alla vittoria...

lunedì 24 marzo 2014

Eliana e Mattia - 22 Marzo 2014, Iseo

Ci sono delle felicità che ti entrano nel cuore, ti riempiono un'intera giornata talmente tanto che al suo termine scopri di portare dentro di te un ricordo di sorrisi, risate, abbracci e serenità talmente vivido da accompagnarti ancora 48 ore dopo. Il matrimonio di Eliana e Mattia: l'occasione in cui scopri che per fortuna anche i momenti piacevoli della vita ti possono segnare per sempre!

mercoledì 19 marzo 2014

A chi piace, buona lettura!

Il mio blog non vuole essere un'opera letteraria, né tanto meno un saggio sulle relazioni, sulla vita o quanto ci circonda. Nasce semplicemente dalla mia passione per la scrittura che fin dal primo "diario segreto" ho usato inconsapevolmente (avevo 7 anni) per approfondire alcune situazioni, gioie, dolori, paure, difficoltà e nuove emozioni. C'è stato un momento in cui il diario è stato sostituito dalle mail scritte ai miei amici, soprattutto quando studiavo all'estero, perché per quanto vivessi un'esperienza unica ed irripetibile con i compagni di Erasmus, sentivo il bisogno di condividere la mia esperienza con loro. 

Per chi non mi conoscesse, sono la tipica persona che usa il retro di uno scontrino per scrivere una frase che la colpisce, perché se mi sono fermata ad ascoltarla significa che ha mosso qualcosa dentro di me, ma a volte la quotidianità così frenetica mi spingerebbe a passare avanti e a perderla dietro di me. Nel primo articolo parlo di un "giardino" in cui curarmi coltivando tutti i germogli che ogni esperienza getta su di me. La scrittura è il mio rastrello personale con cui smuovo i pensieri e le emozioni più profonde e le spingo in superficie. Condividendo la mia scrittura con alcune amiche ho ritrovato paure, felicità, idee condivise e quindi mi sono chiesta "perché non pubblicare i miei appunti?" ed così ho deciso di annotare quei pensieri su un blog e una pagina Facebook dedicata.  A chi piace, buona lettura!


Correva l'estate 2009 e annotavo la mia vacanza on the road




giovedì 13 marzo 2014

Il salto

Finire in balia degli eventi, convogliare tutte le proprie energie per divincolarsi dalla nostra routine. Spesso è più facile uscire da una grave crisi e trovare la soluzione all'emergenza, invece è sempre meno semplice imprimerci un slancio e fare un balzo per sorpassare il caos che ci circonda e con forza ci spinge sempre più verso il suo centro. Il problema è che noi saltiamo, eccome se saltiamo per cercare di allontanarci da questo vortice di eventi che sembrano essere fuori dal nostro controllo, ma forse saltiamo lungo la direzione sbagliata. Per uscire dalla spirale che ci acchiappa carichiamo le nostre gambe di forza e con tutta l'energia che riusciamo a raccogliere prendiamo una potentissima rincorsa ma finiamo con lo scontrarci contro le sue curvementre per poter uscire dovremmo fare un balzo verso l'alto. 
Nell'articolo Fermoimmagine avevo parlato di immobilità:
E' come star davanti alla TV a veder scorrere sullo schermo sempre la stessa sequenza di fotogrammi, sperando a tutte le proiezioni che la serie in onda sia diversa dalla precedente. Non ci basta vedere che le scene prima (disponibilità),  seconda (comprensione), terza (cura) siano le stesse della sequenza precedente, speriamo comunque che la scena successiva, o quella dopo ancora sia diversa e ci proietti un nuovo film... invece il nastro è andato in loop
A questo mio intervento sul suo blog la Dott.ssa Telfener aveva commentato 
Ma dopo quanto ci si decide a cambiare canale? Dopo quanto ci si accorge che il canale è sintonizzato male?... Credo che le persone che continuano a star male stiano in realtà soffrendo per problemi loro e abbiano bisogno della pausa dolorosa per comprendere qualcosa di sé. Utilizzano il dolore per l’altro ma stanno in realtà piangendo per se stesse. La sofferenza non solo le “aiuta” a saltare di livello ma è un’occasione per interrogarsi, per riflettere, per meditare sulla propria vita. Va bene rimanere attoniti ad un abbandono. Concordo con la tua sensazione di “dispersione” di ottundimento, ma poi piano piano la vita ricomincia. Consiglio in queste situazioni di occuparsi più di sé che dei comportamenti del fuggitivo. Cosa ho fatto io? Cosa avrei potuto fare di diverso? Come mi sarei potuta comportare?
L'immobilità è il frutto dell'attesa, quando sembriamo aspettare che qualcuno scelga, agisca per farci uscire da quello stato caotico di cui ci dichiariamo vittime, riuscendo così a giustificare agli altri la nostra tristezza, apatia, indolenza ecc ecc... Invece viviamo un momento di stallo che non subiamo, ma che scegliamo di concederci. Decidiamo di regalarci un crogiolo dove fondiamo tutti i nostri elementi, i nostri strumenti per cominciare una nuova impresa. Ci interroghiamo, diventiamo i più grandi ispettori e subito dopo ci trasformiamo nei motivatoti più forti verso noi stessi. In quel momento inizia la risalita lungo l'asse della spirale perché quando cadi a fondo puoi solo risalire... o perderti nel suo buio, per un po', per il tempo che serve a te e per te, per capire che il salto bisogna farlo verso l'alto e non andare di sfondamento...

martedì 25 febbraio 2014

New York City e IL viaggio


amo troppo questa città... un anno fa ero in pieno countdown nell'attesa del mio secondo viaggio a New York. Quest'anno ho scoperto che per far diventare realtà un desiderio bisogna ahime rinunciare ad alcune passioni... Per il momento ho chiuso i miei sogni di viaggio nel mio trolley, ma appena vedo un raggio di sole alla finestra non riesco a fare a meno di voler uscire di casa e cominciare a camminare verso posti nuovi, prendere un biglietto e andare chissà dove perché per una donna che da bambina non ha mai viaggiato qualunque posto è ancora una sorpresa... 
Non è facile rinunciare a ciò a cui si tiene di più, per quanto sia convinta dell'obiettivo che ora stai perseguendo, il rimpianto per non aver vissuto un momento bussa inevitabilmente.

lunedì 10 febbraio 2014

Fermoimmagine

"La vita si srotola come una spirale, torniamo su  tematiche ed emozioni che avevamo già vissuto ma le vediamo da un altro punto di vista. Non ci ritroviamo mai in una posizione identica al passato anche se affrontiamo esperienze simili. Non possiamo neppure interrompere la nostra evoluzione e – a volte – alcuni amori molesti ci tengono ferme." U. Telfener  (http://blog.iodonna.it/umberta-telfener/2014/02/08/la-paura-di-lasciar-andare/)


Disponibilità, comprensione, cura e accudimento dell'altro... alterazione, nervosismo... riconoscenza e riconoscimento... privazione, rottura.
Una catena di sostantivi che credo si possa dire con certezza caratterizzi infiniti rapporti, familiari e per lo più amorosi. Forse più tipico della donna vivere animata dallo spirito della crocerossina, in alcuni casi però alza la mano un uomo per rivendicare la sua condizione di amante/badante; concedo a entrambi di farsi avanti e riconoscersi nell'articolo della dottoressa Telfener perché qui non è importante il genere di appartenenza, piuttosto tutti coloro che si rispecchiano in questa catena sono accomunati dall'immobilità. E' come star davanti alla TV a veder scorrere sullo schermo sempre la stessa sequenza di fotogrammi, sperando a tutte le proiezioni che la serie in onda sia diversa dalla precedente. Non ci basta vedere che le scene prima (disponibilità),  seconda (comprensione), terza (cura) siano le stesse della sequenza precedente, speriamo comunque che la scena successiva, o quella dopo ancora sia diversa e ci proietti un nuovo film... invece il nastro è andato in loop
Siamo davanti ad immobilità sentimentale, è ovvio a tutti che caratterizza chi rimane in una relazione in cui non può esprimersi perché staziona su una storia senza futuro, ma con questo articolo io penso a chi vive con l'altro sepolto nel profondo del cuore, "il pensiero che sia riuscito a rinunciare a me, che abbia "tagliato il nostro nodo", che io continuo invece a tenere saldo nel dolore e con il dolore", colui che interrompe così la propria evoluzione...

domenica 9 febbraio 2014

La distanza dell'amore

Se mi chiedo quale sia l’effetto della distanza sui rapporti, rispondo AMPLIFICATORE. Quando due persone sono lontane possono scoprire che il legame tra loro è più grande di quanto credessero, o al contrario possono lentamente scemare uno nella memoria dell’altra. Probabilmente il rapporto era alimentato solo dal quotidiano vissuto insieme ma non portava con sé una vera CONDIVISIONE. 
Le situazioni che stanno a metà strada tra queste due coinvolgono persone che possono fare a meno l’una dell’altra. Non è un  rapporto negativo; piuttosto è vive tra persone con percorsi di vita diversi, forse lontani un tempo lungo, o solo ricco di cambiamenti repentini.  Qualcuno ha avuto così necessità di trovare nuovi punti di riferimento. L’uomo è un animale sociale, affronta meglio il quotidiano e lo straordinario della vita con qualcuno a fianco e spesso è necessario che la mano di cui hai bisogno sia lì a fianco a te e non a km di distanza. Se però la lontananza fisica convive con una vicinanza affettiva, ci si potrà avvalere del supporto di terze persone ma non ci si dimenticherà mai di condividere il racconto di quelle esperienze con chi non poteva essere con noi in quel momento.

Ho parlato di “km di distanza” perché l’immagine può aiutare sia a comprendere la reale impossibilità di vivere il quotidiano insieme ad una altra persona pur tenendola nel cuore, sia a riconoscere l'eventualità che questi rapporti possano morire. In realtà sappiamo che comunemente le persone si possono allontanare, indipendentemente dalla distanza fisica tra le persone - anche all’interno dello stesso nucleo famigliare, nelle relazioni d’amicizia ed amorose. Pensate se non è vero che ci sia allontana fondamentalmente quando non si ha più bisogno/desiderio di condividere il nostro vissuto con la persona che abbiamo a fianco, invece ci accorgiamo di quanto quella persona sia per noi importante quando rimane NONSTANTE TUTTO il nostro riferimento privilegiato.

giovedì 6 febbraio 2014

Volere di più

In quanti dicono "vorrei una vita più piena, più ricca di... più, più, più...". Tutti chiediamo di più; siamo la generazione degli eterni insoddisfatti? siamo davvero così poveri? beh, non credo che che si tratti di povertà, né tanto meno di insoddisfazione. Se fossimo insoddisfatti di una cosa non è che vorremmo di più, vorremmo un'alternativa o comunque NON AVERE più quella, punto e basta. A me è capitato di sentirmi "insoddisfatta" contemporaneamente in più ambiti di vita, insomma cominciavo a chiedere qualcosa di più a tutto. 
Proprio questo chiedere di più mi ha fatto significava che non sarebbe servito eliminare una o più di quelle situazioni, perché mi sarebbero mancate. Si chiede di più solo di qualcosa che ci piace tanto!!!

Io ho riempito quegli spazi che sentivo vuoti e che dovevo colmare portando una novità nella mia vita!